Ho parlato con Matthew Nolan, che non è un programmatore qualunque, lui la tecnologia la vuole usare per abbattere le barriere che ci separano. E così ha creato un’app per far avvicinare (e magari innamorare) palestinesi e israeliani.
Questo l’ho scritto per Vanity Fair Italia e lo puoi leggere qui.
Verona, dove si incontrano israeliani e palestinesi
Matthew Nolan non è un programmatore qualunque. Lui la tecnologia la vuole usare per abbattere le barriere che ci separano. E non parla solo di porte chiuse. Le sue sfide se le sceglie bene.
Con la sua nuova app Verona, Nolan vuole fare incontrare israeliani e palestinesi e perché no, magari finalmente risolvere “una coppia alla volta” quel conflitto che si protrae da decenni.
In Medio Oriente ci hanno messo le mani un po’ tutti: i Carter e i Clinton di turno, i Blair e le Scarlett Johansson, per non contare Sacha Baron Cohen che in Bruno ha fallito pure nella finzione. Sarà forse un programmatore dell’East Village a smuovere le cose?
«È sin dalla preistoria che gli esseri umani usano la tecnologia per comunicare», mi dice Nolan. «Viviamo in un villaggio globale e il popolo ha potere. Io ho creato un mezzo con cui spero che persone un po’ diverse tra di loro decidano di conoscersi».
L’app l’ha chiamata Verona perché è lì, come in Medio Oriente, che i Montecchi e i Capuleti si facevano la guerra segnando il futuro di due famosi giovani innamorati.
Verona è stata lanciata lo scorso marzo e già conta 2000 registrazioni. Per ora è disponibile solamente per telefoni Android. «Sapevo che avrebbe attratto dell’attenzione, in genere con Israele e Palestina, succede.Ma è diventata virale prima ancora che la potessi registrare con Apple», spiega il programmatore via Skype.
L’applicazione non ignora la risonanza globale di questo conflitto e punta anche a connettere arabi o ebrei israeliani espatriati e chiunque senta una forte identificazione con una delle due parti e voglia incontrarsi con simpatizzanti dell’altra.
I primi utenti si sono registrati da New York, ma immediatamente le posizioni geografiche si sono spostate in Cisgiordania, a Gaza e Israele. Oggi, circa l’80% dei membri sono israeliani o palestinesi che vivono in Medio Oriente.
Ma Nolan sa che nemmeno l’ottimismo americano può far niente contro le restrizioni di movimento imposte sui palestinesi dall’occupazione israeliana. A parlarsi online ancora ancora, ma il problema dell’incontrarsi è grosso.
“Appuntamento con israeliano” non figura tra i motivi validi per richiedere un permesso e gridare da sotto il muro «Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo» potrebbe causare di peggio che semplici pene d’amore.
«Anche se il muro e i posti di blocco impediscono a persone di incontrarsi fisicamente, riuscire a instaurare una relazione online è già positivo», e di questo Nolan è convinto. Dopotutto, gran parte dell’infrastruttura dell’occupazione è lì proprio per evitare che si formino rapporti interpersonali e assicurarsi che la paura regni sovrana.
Con Verona, si comincia con l’abbattere le barriere mentali. «C’è un forte scollamento tra il modo in cui israeliani e palestinesi sono rappresentati nei media di massa e l’idea che invece mi faccio di loro quando li incontro per le strade di New York».
E questo è lo scollamento che Verona vuole rimarginare dando la possibilità di tessere relazioni private. Ma, infine, come ignorare il fatto che i due amanti veronesi alla fine sono morti entrambi, chiedo a Nolan.
Lui ride: «Forse devo aggiungere un avviso su Verona: “Non accettate o scambiate pozioni con nessuno”». «In realtà, la morte degli amanti spinge le due famiglie in guerra a stipulare una tregua». E una conversazione globale, mi dice, chissà a cosa puo’ portare.